Prima pensa, poi fai.
O almeno così dice la saggezza popolare. Solo che a volte questo genere di detti li introiettiamo a tal punto che ci sembra siano l’unico modo sensato di agire. E in effetti a rigor di logica lo sono, ma non sempre ciò che è sensato ti porta sulla giusta via.
Sarò meno criptica, e procederò con l’ennesimo esempio egorifer... Personale.
Sul mio canale Instagram ero, in linea di massima, rimasta impantanata al modello di pubblicazione che ha goduto del suo massimo splendore nell’anno del Signore 2019.
Io, Signora-Marca-Personale-usa-i-social-per-attirare-nuove-opportunità blablabla per mesi ho meramente caricato i cazzi miei con un velo di patina made in Lightroom e buonanotte al secchio (frase che, insieme a oplà, fa invecchiare di 10 anni ogni volta che viene impiegata).
Piccolo dettaglio: tendenzialmente al mondo di quello che faccio io nella quotidianità importa ben poco. Perché, sad news, a meno che tu non sia qualcuno, a nessuno interessa cosa fai. Se non a chi appunto ti conosce già.
Ma siccome io volevo attirare gente nuova e nuove opportunité, dovevo cambiare rotta.
E lì, delirio.
Al “cosa faccio?” mi si era aperto uno scenario talmente ampio da non sapere affatto che pesci prendere. E quindi ho proceduto con l’iter classico: PENSARE TROPPO.
Dopo ennemila cogitate inconcludenti e fogli di quaderno riempiti di schemi senza senso, presa dall’entusiasmo del dottorato (vado a momenti, poi ci torno in fondo sulla situa Ph.D.) ho iniziato con alcuni video di cui tendenzialmente fotte sega a nadie en su sano juicio: robe di Comunicazione Politica quali il significato di agenda setting, framing, populismo e altre nerdate del settore.
Poi, siccome mi stavo annoiando da sola (immagina chi guardava), m’è venuto lo sghiribizzo di lasciarmi ispirare dal presente, e ho partorito la prima analisi basata su un avvenimento recente (Meloni che va contro Ferragni dal palco di Atreju) e già a quel punto le cose accennano a migliorare.
Continuo a fare ‘sta roba, analizzo pure due spot (Whirlpool e Tim), e poi la difesa di Salvini a Ferragni (che fa già ridere così), gli attacchi indiretti della stampa a Gino Cecchettin, e a una certa, con l’ultimo video (sul perché mal tolleriamo gli influencer, partendo dai commenti lasciati sotto ai post dei giornali che spiegavano la nuova normativa) capisco cosa sto facendo da un mesetto a questa parte:
Analizzo l’attualità attraverso la lente della Comunicazione.
Qui è legittimo che tu possa pensare questa è completamente idiota. Si mette a registrare random, pubblica e non sa manco cosa/perché lo sta facendo. E in teoria è un’esperta di comunicazione.
T’appost.
Correcto, hai capito benissimo.
Anziché restare a vorticare nella dimensione del pensiero, ho agito. E per la prima volta da un bel po’, sento che ciò che spingo sul mio social prefe (sul perché lo sia nemmeno io riesco a pronunciarmi, forse è sindrome di Stoccolma al digitale) rispecchia la me di oggi.
E tu dirai: ecchissene.
Invece qui c’è una grande lezione di vita, vecchiə miə, quindi siediti comodə e assimila: per ottenere cose che vuoi e non hai mai avuto, devi fare cose che non hai mai fatto.
E io sai cosa proprio ho sempre evitato sistematicamente, se non con rarissime eccezioni?
Il parlare di attualità.
Perché?
Semplice: temevo i fiumi di sterco che mi avrebbero travolta in corsa.
Invece no, affatto.
Anzi, direi proprio che sono di più quelli che non si sono accorti di nulla (pensa un po’, pare io non sia il centro di questo posto che mi piace, si chiama Moondo. Se non mi hai colto la reference sei Gen Z e non capisco cosa tu ci faccia da queste parti), circostanza che mi concede di abitare la mia bolla di pace ancora per un po’ e attrezzarmi meglio per un eventuale futuro bellicoso.
Report in due righe:
una ventina mi hanno scritto in DM super entusiaste della nuova virata, circa duecento hanno smesso di seguirmi.
‘Sti dati potrebbero far tremare le ginocchia e vacillare ogni certezza di una piccola creator quale la sottoscritta, già che stiamo parlando di un rapporto 1 a 10, però sai, un’altra cosetta che ho imparato è che nessun cambiamento è esente da controindicazioni.
E francamente credevo la questione mi pesasse, invece sono carica a pallettoni.
Forse perché sto portando avanti qualcosa che mi diverte e mi da soddisfazioni, anziché una che “funziona” e basta. E perché riesco a intuire che a lungo termine, quella che ho preso potrebbe diventare la strada vincente. Almeno in virtù di ciò che desidero ottenere.
Detto ciò, riprendendo il discorso dottorato: hard. Hardissimo. Sono partita come sempre, al galoppo con criniera al vento, salvo poi passare di botto al fischio di pausa.
Adesso sto tornando su quanto mi ero proposta in origine, ma non posso parlarne perché la primera sagrada norma (in spagnolo fa più paura, c’ha un retrogusto di Inquisición) del dottorato è: “questo è il Feudalesimo e tu sei un valvassino: se vuoi sopravvivere, fai quello che è buono per il feudo, non pestare i piedi a nessuno, avanza con le tue indagini e tieni la bocca chiusa”.
Ok, sono stata drastica, in Spagna sono più hippie, però ecco, mi hanno già redarguita circa le intenzioni di mantenerti aggiornatə sulla mia ricerca cammin facendo.
“NO DIGAS NADA fintanto che non hai pubblicato. I muri hanno occhi e orecchie. E anche la persona meno sospetta potrebbe rubarti l’idea”.
Hashtag ufficiale #MALANSIA?
Quindi posso giusto eventualmente condividere le angosce, ma non le tematiche che andrò a spulciare (molto costruttivo eh?).
In conclusione al ragguaglio di evenienze, ti lascio con i miei papaveri ad acquarello, l’ultimo dei miei hobby di decompressione che mi sta aiutando a smaltire lo stress in modo creativo.
Come direbbe Giorgia Fumo:
WE ARE MILLENIAL
Trasformiamo il nostro hobby in un lavoro quindi cerchiamo di continuo un nuovo hobby che ci levi lo stress del primo hobby.