Ho scattato questa foto poco prima di iniziare a scrivere.
Fuori piove a catinelle (quanto fa terza elementare questa reggente?), e io ne approfitto per scrivere e godermi il nido nel quale alloggio da cinque giorni.
È una casa piena di oggetti bizzarri questa di Budapest, tappezzata di quadri, tappeti e divani dalla fodera in velluto.
Qui dentro ho fatto fuori un barattolo di miele, visto per la prima volta tre film dello Studio Ghibli (che voglia di tornare in Giappone!), consumato un blister di ibuprofene, bevuto svariati tè bollenti e lavorato ad uno dei miei romanzi, ora in lettura da un’agente.
Ho pure provato a fare - per l’ennesima volta e con scarso successo - la matricola online di un qualcosa che caldeggiavo dal 2017 e che per varie circostanze ho sempre rimandato/respinto.
Provare a metterti al corrente per iscritto di tutti i tasselli previ a questa decisione è un’impresa titanica, ragion per cui a tempo debito prenderò il microfono e inizierò un nuovo podcast, magari una sorta di audiodiario da dottoranda, e lì ti racconterò gli annessi e connessi.
Stiamo parlando nientepocodimeno che della decisione sulla quale mi sono attorcigliata più a lungo in tutta la mia vita.
Erano secoli che ci pensavo, dal 2017 per l’esattezza, anno dell’Erasmus a Siviglia.
Alla fine si sono allineati gli astri, e mi sono detta buttati, pure se di morbido non c’è una cippa.
Ecco gli astri astri, te li presento:
Mi sono ritrovata ad insegnare senza aver mai neppure inviato il cv nel campus universitario della Camera di Commercio di Siviglia. Lì, a fine corso, il mio capo mi disse “fai un dottorato, che ti vogliamo tenere” e io lo snobbai. Sto-facendo-un-master, dissi, scacciando via la proposta. Però qualcosa mi si era sedimentato dentro. E quindi ho finito il master (quello in coaching e intelligenza emotiva, che poi mi ha portato a dare vita a
) e mi sono ritrovata davanti al grande quesito n’altra volta. Lo faccio o non lo faccio?Sempre per via dell’Uni in questione (quella in cui ho insegnato) ho dovuto far fare la traducción jurada delle mie lauree, ritrovandomi così in possesso di tutta la documentazione necessaria per candidarmi al dottorato.
Ho trovato una relatrice pazzeska (si merita una k perché la grafia corretta non sarebbe sufficiente a definirla) nell’arco di 24 ore, che mi ha persino firmato una lettera di raccomandazione da allegare alla candidatura. Me encanta tu proyecto. Ok.
Ebbene, avevo l’incentivo (un posto di lavoro futuro compatibile con tutte le mie altre attività e pagato piuttosto bene), le scartoffie timbrate e pure una relatrice entusiasta (ricordiamoci che il mio della magistrale manco si è presentato alla discussione: notatemi l’antitesi, la contrapposizione delle situa, l’eccezionalità dell’evento per cortesia): mi son proprio detta ma chi sei tu per schivare un’occasione che ti piove dal cielo in un momento in cui tra l’altro pare di stare alla fiera internazionale dei NO-per-posta-elettronica? (mentre stavo scrivendo il progetto di ricerca attendevo risposta da un paio di realtà aziendali, che mi hanno snobbato una dopo l’altra nei giorni successivi).
E quindi ho fatto domanda, e risulta che son stata presa.
Ta-daaan.
La stessa persona che prima di prendersi la triennale ha cambiato altre due facoltà e iniziato in ritardo di quattro anni gli studi universitari, che si è presa la magistrale solo perché aveva la media alta e l’ISEE basso e quindi era gratis equindi epperchénoefacciamolaallora, quella che aveva il cinque perenne in inglese perché “vedete, la vostra compagna non ha le facoltà cognitive sufficienti per imparare un’altra lingua”, era stata AMMESSA al dottorato in comunicazione dell’Università di Siviglia.
Ci riusciresti tu a fare un passo indietro?
Perché io no, ho troppa paura mi si rivolti contro l’intero Cosmo.
Ti dirò di più: davanti al simboletto verde ho persino pianto.
Ero a Mijas (in un’altra casa provvisoria, ultimamente sono mezza nomade e oscillo tra Siviglia - dimora fissa - e zona Malaga) che armeggiavo con le password, e anche se l’esito non mi prendeva di sorpresa (la relatrice mi aveva fatto spoiler chiamandomi cinguettante il primo sabato sera d’ottobre) era pur sempre una conferma.
Tutto vero.
Sarei diventata (immatricolazione online permettendo) una dottoranda in comunicazione politica.
Ora, pensa te che manco ne volevo parlare, perché io non lo so come farò a portare tutto avanti, carpa, scrittura, altri lavori di formazione, copywriting e strategia che svolgo da freelance…
Faccio già un sacco di cose, e l’aggiunta di una così grossa si farà sicuramente sentire nel carico quotidiano delle robe da fare.
Tuttavia per me non è contemplabile pensare di imbarcarmi in un’impresa del genere e non condividerne il processo.
Pure se a una certa dovessi crollare, rinunciare, scappare a gambe levate dopo il primo convegno, credo ne sarà comunque valsa la pena di raccontarlo.
Perciò stay tooned, tu che mi leggi, che ne se vedranno delle belle.
Ps: por favor, solo messaggi/commenti incoraggianti che ho quasi l’età di Cristo e mi sto infilando in un berenjenal (fun fact: apparentemente gli spagnoli trovano più caotici i cespugli di melanzane dei gineprai) senza precedenti.
Gracias, miarma.
Sei bravissima e ti ringrazio di condividere anche questo nuovo percorso: mi regali la certezza che si possano (e debbano!) portare avanti tante strade se si sente il bisogno!
Riuscirai a fare tutto, magari a volte rallentando, ma senza mollare, sono sicura!
Brava e complimenti!
Ciao Arianna, complimenti per questo traguardo.
Una volta una persona mi disse che per le cose importanti ci vuole tempo e forse questo è uno di quei casi in cui quando si corre il rischio di fare qualcosa di nuovo, poi le cose arrivano.
Vedo molto persone iscriversi a percorsi di studio e fare cambio carriera a qualsiasi età, anche a 50 anni con profili professionali consolidati. Sono molto felice che la mentalità stia cambiando